“Leggere Lolita a Teheran” è realtà
Silvia Balestrieri
Silvia Balestrieri
“La cultura è resistenza, nessuno può togliercela”.
Queste parole sono state pronunciate dalla protagonista del film “Leggere Lolita a Teheran”, l’attrice Golshifteh Farahani, basato sull'omonimo libro autobiografico di Azar Nafisi, presentato alla Festa del Cinema di Roma 2024. Parole forti, che hanno racchiuso la situazione politica e femminile degli anni ‘80 in Medio Oriente, attuale ancora oggi. L’autrice insegnava letteratura inglese all’Università di Teheran, ma a seguito della Rivoluzione Islamica del 1979 scelse di smettere di insegnare a causa delle continue repressioni e censure, che colpivano più in generale sulla vita della donna, costrette a portare il velo e a seguire altre restrizioni. È stato senza dubbio un evento che ha cambiato la geopolitica dell’Iran e del Medio Oriente: nel gennaio del 1979 Khomeini salì al potere, a seguito della fine della monarchia iraniana, il quale criticò fortemente il regime allora regnante, accusando l’Iran di essere un “burattino” degli Stati Uniti e di farsi influenzare in modo negativo dall’Occidente. A marzo dello stesso anno, dichiarò che il paese sarebbe diventato una Repubblica Islamica e impose la legge islamica, basata sulla teocrazia. Tuttavia, comportò delle limitazioni per quanto riguarda la vita femminile, obbligandole a portare il velo (l’hijab, che copre tutto il corpo) come già detto in precedenza, escludendole dalla partecipazione politica e sociale e addirittura anche dalla formazione e dalle espressioni artistiche.
Mentre il paese attraversava questo cambiamento politico, Nafisi per non interrompere del tutto il suo insegnamento universitario, decise di organizzare un seminario privato una volta a settimana, invitando un gruppo di studentesse a casa sua per poter discutere di letteratura; nel corso della narrazione si può notare come i dibattiti vertano su grandi romanzi, come “Lolita”, “Il grande Gatsby”, “Orgoglio e Pregiudizio”, “Cime tempestose” e le studentesse cercano di collegare le tematiche dei libri alla situazione politica che stavano vivendo, stimolando in questo modo un colloquio intellettuale, come in una reale lezione accademica.
In questo modo la letteratura viene percepita come una forma di resistenza, in cui i lettori possano immedesimarsi e trovare degli spunti di riflessione, utili per prendere atto dei regimi che soffocano l’umanità e limitano la libertà di espressione. “Leggere Lolita a Teheran” è l’opera emblematica per questo problema, nella natura propria di come è strutturata: un’opera letteraria, che si occupa di romanzi e grandi idee, dalla quale si arriva a dipingere il riquadro iraniano per mettere in discussione ciò che risulta obsoleto e ingiusto per i diritti delle donne, non solo nella regione mediorientale. Proprio per questo è stato scelto “Lolita” come libro da usare per il titolo: Dolores, il vero nome della protagonista, è imprigionata nella figura di Humbert, un personaggio che usa la sua posizione maschile per esercitare potere, favorito dalla debolezza dovuta alla giovane età di Lolita. Un titolo non casuale, che riflette la condizione che le donne dell’epoca subivano e che purtroppo continuano ancora a vivere: una condizione di oppressione maschile e Nafisi riporta il parallelismo che vede le donne come la piccola Lolita e il regime islamico come Humbert. L’ossessione di Humbert per la bambina non è solo un fattore estetico, ma più precisamente esprime una presa di posizione da parte sua per un controllo della personalità di Lolita, mettendola all’oscuro ed eliminando la sua figura di futura donna, sottomettendola alle sue decisioni, così come sta accadendo in Iran, Afghanistan e altre zone del mondo.
Nonostante Nafisi abbia già utilizzato la sua scrittura come pretesto per denunciare le oppressioni della Repubblica Islamica, la situazione attualmente non è cambiata molto. L’11 dicembre 2024 Amnesty International ha pubblicato un articolo in cui si parla della proposta di reintroduzione del velo obbligatorio in Iran, a tutte le donne, musulmane e non, anche le turiste. Anche se è stata rinviata a seguito delle proteste, segna un’ulteriore negazione dei diritti delle donne; la proposta di legge, composta da 74 articoli, “prevede anche pene come frustate, multe esorbitanti, dure condanne detentive, divieti di viaggio e restrizioni all’istruzione e all’occupazione per le donne e le ragazze che si oppongono al velo obbligatorio”.
La morte di Mahsa Amini nel 2022, arrestata dalla polizia morale a Teheran per non aver indossato correttamente il velo e morta poco dopo in detenzione, ha scatenato un’ondata di proteste e dando origine al movimento “Donna, Vita, Libertà”. Purtroppo decine di attivisti continuano ad essere arrestati, tra cui la giornalista italiana Cecilia Sala, arrivata in Iran il 12 dicembre scorso per il suo lavoro giornalistico, ma è stata detenuta in isolamento dal 19 dicembre all’8 gennaio; come riporta il Sole 24Ore, l’Iran solo nel 2024 ha arrestato 644 donne per uso improprio del velo. La lettura di “Leggere Lolita a Teheran” non serve solo a comprendere il contesto storico degli anni ‘80 iraniano, ma è fondamentale reinterpretarlo in una chiave di lettura attuale: la scrittura, ancora e soprattutto oggi, risulta uno strumento politico potentissimo che aiuta a creare un dibattito e a stimolare una riflessione sull’attualità. Nafisi e le sue studentesse hanno dimostrato come la letteratura possa essere resistenza, di lotta per le classi sociali e i diritti umani; la cultura aiuta a sviluppare il pensiero critico e se c’è cultura alla base di un governo, allora esiste la libertà per il popolo.