Personaggio in technicolor della tetralogia L’amica geniale, Nino Sarratore è una figura onnipresente nel corso della storia. Grande amore di Elena, oggetto di litigio tra le due protagoniste e causa di più di un paio di divorzi, Nino è fin da ragazzo dotato di un grande fascino: intellettuale, bello e ribelle. Passa per le mani di Nadia, figlia della professoressa Galiani, per quelle di Lila, che vede in lui una via di fuga dal suo matrimonio, per la povera Silvia che ne rimane incinta e infine per quelle di Elena e Eleonora, l’una che si fa illudere da lui e l’altra che lo sposa. Ma Nino Sarratore non è semplicemente un donnaiolo, è molto di più. È una figura maschile che si finge moderna ma che in realtà è profondamente misogina e questo traspare nell’uso che fa delle donne. Non si limita ad amarle, a consumarle e a lasciarle, ma le sceglie attentamente a seconda dei suoi bisogni e le utilizza finché gli sono utili, per poi dimenticarle. E poco importa se loro hanno gettato all’aria la loro vita per lui, se hanno lasciato figli e mariti o se lo amano, la storia finisce sempre nello stesso modo.
In un’Italia che cambia faccia, che si ribella ai maschi padroni e alla schiavitù femminile Nino ha il costume perfetto per dissimulare la sua natura meschina. Questa sua tradizione infatti viene inaugurata nell’adolescenza quando si fidanza con Nadia per poter raggiungere i salotti bene di una Napoli borghese a cui lui, per via della sua condizione sociale, non avrebbe potuto accedere altrimenti. Così alimenta la sua fame, l’intelletto e le idee, nutrito dalla professoressa e dai benefici della sua relazione. Più tardi scopriremo che anche da adolescente Nino non è privo di un’invidia mordace. Prima penalizza Elena, evitando di pubblicare il suo articolo così ben scritto, e poi avviluppa Lila e se ne stufa quando si rende conto che pur essendo ben più istruito di lei ha poco o niente da insegnarle. Un’altra caratteristica di Nino è l’odio e il disprezzo che nutre per suo padre Donato, un uomo viscido che molesta e stupra Elena rubandole la verginità e famoso nel rione per aver fatto impazzire la povera Melina con i continui tira e molla della loro relazione extraconiugale. Nino si ripromette di non diventare mai come suo padre ma inevitabilmente finisce per diventarne una versione estremizzata: raffinatamente colto là dove il padre vantava qualche poesiola strappalacrime, spregiudicato amante bugiardo là dove il padre era un timido seduttore con a carico solo una manciata di tradimenti. Nino sembra pronto a tutto per raggiungere le conferme che desidera, per conquistarsi i suoi successi fittizi ha pronta una scala di donne e bugie, stratagemmi e manipolazione. È il volto di un progressismo e di una sinistra fallace che ha poco a che vedere con le ideologie. Emblema di un tipo di uomo che in letteratura e nella vita reale ritroviamo spesso simboleggia la superficialità di un tipo di femminismo, la radicalità della cultura maschilista nel subconscio culturale italiano e i danni permanenti di una condizione sociale bassa che in lui scatenano una sete di rivalsa senza etica e morale. Nino viene reso spregevole in primis dal ruolo che attribuisce alle donne, ovvero quello di appigli sociali, e dalla finta attenzione che da alla loro libertà, poi dalla voglia di riscatto che si trasforma in arrivismo e spregiudicatezza estrema, infine dall’atteggiamento che assume nelle relazioni: la mancanza seriale di serietà e impegno. Per lui il suo fascino e la bellezza sono strumenti di inganno e manipolazione e non è sicuramente il primo esempio letterario di questo tipo di uomo che troviamo. Alle sue spalle i suoi antenati gli strizzano l’occhio e davanti a lui come un deja vù ci ritroviamo i suoi figli e i figli dei suoi figli.