Sconosciuto agli italiani, un po’ meno agli europei, Jon Fosse vince il premio Nobel 2023 “per le sue opere innovative e la prosa che danno voce all’indicibile“. Classe 1959, nato in Norvegia, ad Haugesund, si laurea all’Università di Bergen in letteratura comparata ed esordisce nella scena letteraria con “Rosso, Nero” nel 1983. Drammaturgo e scrittore poliedrico attraversa nel corso della sua carriera i campi del teatro, della letteratura per bambini, della narrativa e della poesia. Libri tradotti in più di 40 lingue e rappresentazioni teatrali in tutto il mondo, la sua voce sembra aver trovato una via per eccellere in ogni genere letterario. Eppure la sua è una scrittura scarna, un linguaggio lirico ma semplice, una prosa ipnotica che incanta. Jon Fosse parla attraverso le parole non dette, gli spazi vuoti che spingono il lettore a indagare. Coglie le contraddizioni dello spirito umano, delle relazioni e della lingua. È spietato nel descrivere i nodi dei nostri legami intra generazionali e della comunicazione. È attento a lasciar parlare il silenzio e la mancanza, sempre.
Nel 2012 si converte al cristianesimo, tema ripreso più volte dai suoi romanzi e che in Norvegia assume tutto un nuovo significato. Questa sua scelta religiosa sembra preludere una certa sensibilità verso temi più misteriosi, impalpabili, sopratutto là dove la maggioranza religiosa è protestante.
Il suo nome riecheggiava tra i possibili vincenti già da anni, tanto da portarlo a dichiararsi “stupito ma non troppo” dell’onorificenza ricevuta. Dopotutto, già negli anni novanta cominciava a ricevere le prime onorificenze e pochi anni più tardi le sue opere Poco sappiamo della sua vita privata, ma una cosa è certa: il Daily Telegraph, che non troppo tempo fa lo aveva inserito nella classifica dei 100 geni viventi, ci aveva visto lungo.
06/11/2023