“Quaderno proibito”, il titolo di un libro che già decontestualizzato cattura la nostra attenzione, ci chiama, ci induce a prenderlo in mano, a sfogliarlo. Pubblicato nel 1952 e ambientato negli stessi anni, il quaderno proibito è in realtà il diario di Valeria, donna romana di 43 anni madre, moglie e figlia. Questi suoi ruoli sono talmente precisi e radicati in lei che la sua persona sembra ridursi ad essi, non traspare più alcun tratto del suo carattere, della sua femminilità, almeno agli occhi della sua famiglia.
Il diario contiene il racconto di alcuni mesi della sua vita densi di sensazioni, sentimenti e piccole esperienze casalinghe e non.
Una denuncia alla famiglia basata su principi patriarcali, una denuncia che si infila fra le parole, non gridata ma sussurrata, tuttavia chiara e perentoria. No, non leggerete un racconto entusiasmante, se state cercando un libro di avventure questo non è il vostro, ma se deciderete di dargli una chance scoprirete la storia emozionante di una donna “d’altri tempi”, così lontana dalla nostra realtà, eppure così vicina se riuscirete a sbirciare fra le righe. Alba de Céspedes riesce ad incarnare nella sua protagonista tutte le difficoltà, i dubbi, le scelte difficili che una donna si trova a dover affrontare nel corso della sua vita, e nonostante Valeria ci sembri del tutto diversa da noi, ci assomiglia più di quanto crediamo. Con tempi moderni si verificano problemi moderni, ma alcuni dilemmi, alcune questioni morali tipicamente femminili, rimangono oggi le stesse degli anni ‘50, innescate dal sistema patriarcale radicato nella nostra cultura da secoli.
Ogni sfaccettatura dell’essere donna viene esplorata all’interno del “diario”, il rapporto con il marito Michele, un amore che diventa col passare del tempo un’abitudine, quello con il figlio Riccardo, il perenne conflitto con la seconda figlia Mirella, e poi l’essere figlia lei stessa, l’essere amica, l’essere lavoratrice. Traspare la lotta interiore della protagonista fra il senso del dovere e la devozione verso la famiglia e la necessità e la voglia di mettere il suo benessere prima di tutto. Perchè il quaderno è proibito? Perché racchiude al suo interno tutte le verità più profonde e impronunciabili che una donna degli anni ‘50 si portava dentro, verità che solo la scrittura poteva rivelare, i desideri più impuri, i sensi di colpa più affliggenti. È proibito perché rivela l’immagine di una madre, di una moglie diversa da quella che conosce la sua famiglia, che ha dei pensieri che vanno oltre il marito e i figli, ma che si estendono a sé stessa.
Scrivendo, per la prima volta Valeria si sente Valeria, chiamata col suo nome proprio, non con il ruolo che le è stato assegnato.
“Temo che, ammettendo di aver goduto sia pure un breve riposo, uno svago, perderei la fama che possiedo di dedicare ogni attimo del mio tempo alla famiglia”. Le parole limpide dell’autrice riescono a penetrare il lettore e catapultarlo nella vita della protagonista, riescono a dargli i suoi occhi, le sue orecchie, la sua mente. Se siete donne come la sottoscritta vi immedesimerete voi stesse in Valeria, se siete uomini penserete sicuramente a vostra madre o vostra sorella nei suoi panni. Ecco perché lo sentiamo così attuale: perché una donna degli anni ‘50, cresciuta durante la seconda guerra mondiale e durante il regime fascista, ci sembra che ci
rappresenti, che abbia i nostri stessi pensieri e questo ci fa riflettere ma soprattutto ci fa paura. Siamo davvero così lontani, mentalmente e ideologicamente, dagli anni del dopoguerra o in fondo un problema di base resta ancora, dopo tutto questo tempo? Alba de Céspedes scrive un libro che ogni donna, sposata o nubile, madre o senza figli, lavoratrice o non lavoratrice dovrebbe leggere, un libro che ci suggerisce di non dimenticarci mai del nostro inestimabile valore.