Siamo a Donna Olimpia, Monteverde, nel cuore di quello che in “Ragazzi di vita”,
è l’habitat dei protagonisti. É qui che prendono vita e forma i famosi Riccetto, Marcello, Agnolo e tutti gli altri “pischelli”: qui Pasolini li rappresenta e li studia, e al tempo stesso qui li vive. Silvio Parrello, nel romanzo “Er Pecetto”, è uno di loro, uno dei testimoni che ancora può raccontarci in modo vivido e puro la figura di Pier Paolo Pasolini, senza filtri, neppure linguistici, rendendoci ancora più partecipi di quei momenti che abbiamo vissuto sfogliando le pagine del romanzo. Pasolini arriva a Monteverde nel 1954, trasferitosi inizialmente in via Fonteiana, subito quella ricerca sociologica che arriva a noi in veste di romanzo e che ci permette di comprendere, o almeno, di percepire, quella che era la vita di borgata. Silvio ci conferma infatti che, come nel libro, la sua e quella dei suoi amici era una vita fatta di espedienti, di sotterfugi, di difficoltà opprimenti che in un modo o nell’altro, si dovevano schivare.
Ecco, in una realtà come quella, dove la quotidianità di un ragazzino consisteva nell’ingegnarsi faticosamente per racimolare qualche soldo, la generosità di Pasolini non poteva che incantare quei ragazzi, e questo non equivale a dire che essergli amico conveniva per tornaconto, ma, piuttosto, che in quella condizione misera, un aiuto del genere ti lega in modo forte, a maggior ragione se sei un ragazzo.
“Pier Paolo era generoso come pochi, na vorta a mi madre glie lasciò 10 mila lire e mi madre alla vista della banconota a momenti se sturba, lei che ne guadagnava 25 mila ar mese.”
“Ce lasciava nei tasconi della 600 tante de quelle monete, perché sapeva che noi poi se le annavamo a pia.”
Poesie, aneddoti, ricordi che contengono impliciti la stima e l’ammirazione per l’uomo che era Pasolini, per quell’animo ribelle e anticonformista, per la lungimiranza con cui vedeva le cose, per quei gesti di generosità e per il suo essere così estremamente complicato e contemporaneamente così tanto semplice. “Quando giocavamo a pallone ai campetti vicino ai grattacieli o se annavamo a fa er bagno ar Tevere era uno de noi, poi quanno stava da solo ripiombava nella sua malinconia”. “Era amico co tutti, dar politico allo stracciarolo”.
Per questo capiamo che “Ragazzi di vita” non è uno strumento ne’ un documentario, “Ragazzi di vita” è invece l’amore che Pier Paolo Pasolini provava nei confronti di questo mondo, degradato ma vitale, aspro ma ingenuo, genuino.
E alla domanda “Come avete vissuto la pubblicazione del romanzo?” Silvio ci ha risposto:
“Lì per lì male, a esse sinceri i più grandi glie volevano anna a menà, poi però qualcuno s’è accorto che parlava dei problemi nostri e in un certo senso ce aiutava”. Una risposta che forse appare simpatica e goliardica ma che velatamente nasconde un dramma, quello della riconoscenza dovuta al sentirsi finalmente rappresentati, compresi e soprattutto mostrati a un pubblico nazionale, in una Roma in cui la borgata contava meno di zero, e i loro abitanti ancor meno”.