Per molto tempo si è creduto che le foto potessero catturare l’anima delle persone e dei luoghi immortalati. Nel suo ultimo album, uscito il 5 gennaio, Bad Bunny si trova nella posizione di un uomo ormai adulto, che si rende conto che, proprio di quelle foto, non ne ha scattate abbastanza. Quello che può fare è usare la memoria e la musica per cercare di tracciare un ritratto più nitido possibile delle atmosfere e delle emozioni che si respiravano nel suo paese, il Portorico, diventato inaspettatamente troppo diverso da quello che l’artista ha vissuto negli anni della sua crescita. La stessa cosa avviene a livello musicale. Infatti, definire questo un disco Reggaetón solo perché è un lavoro di bad Bunny risulta estremamente riduttivo; la musica è un fondamento imprescindibile della cultura portoricana e sudamericana in generale, e quello che Bad Bunny ha cercato di fare è stato riportarne alla luce le radici e le esigenze che ne hanno permesso la nascita. Un’operazione di puro affetto e gratitudine, che restituisce a un genere proprio quell’anima che anni di commercializzazione sfrenata gli avevano tolto quasi completamente. In Debí Tirar Más Fotos, Bad Bunny compie un viaggio emozionale e ritmico, spaziando dall’antenato diretto del Reggaetón, il genere Dancehall, in tracce come Perfumito Nuevo e El Clúb, per poi proporre la Rumba di Pitorro de Coco, fino ad arrivare alla title track, che porta al grande pubblico, con una vitalità quasi immediata sui social, il ritmo caratteristico della musica folk portoricana, la Plena. I sintetizzatori eterei che ricorrono in varie occasioni offrono un respiro molto più ampio rispetto a ciò che stava diventando mera musica da discoteca plasticata, mentre le coinvolgenti parti corali in tracce come DTMF e La Mudanza portano in primo piano la condivisione alla base della musica ispano-americana, le conversazioni infinite tra amici e familiari sulle iconiche sedie di plastica della copertina, la fusione delle proprie emozioni, belle o brutte che siano, con quelle altrui, attraverso il ballo e il canto, per poterne gioire insieme o aiutarsi a vicenda a superarle. A questi momenti si alternano anche stralci di grande intimità come in Turista e Bokete, e anche brani Reggaetón più classici. Le criticità dell’album sono veramente poche, e si potrebbero ridurre a testi che in alcune tracce cadono nel banale rispetto alla profondità di quello che vi sta attorno e una ripetitività, anche se minima, forse dovuta alla lunghezza della tracklist. A parte questo, Debí Tirar Más Fotos ne esce come un album che è sì versatile e perfettamente rivolto al grande pubblico, ma che non considera quest’ultimo una massa indefinita da imboccare con contenuti che siano il più neutri possibile; si crea uno scambio con l’artista, che consegna alle persone uno spaccato importante della sua vita, e da loro anche la possibilità di poter scoprire culture, musicali e non, con cui magari non sarebbero mai venute a contatto, almeno non con questa autenticità.