«Quel giorno aveva il volto di un Gesù crocifisso dieci volte e sembrava più vecchio dei suoi trentaquattro anni. Sulle guance pallide si affondavano già alcune rughe, tra i suoi capelli spuntavano già ciuffi bianchi, e i suoi occhi erano due pozze di malinconia. O di rabbia? Quando rideva non credevi al suo ridere…»
Un Uomo di Oriana Fallaci è un libro dalla densità narrativa spesso insormontabile, a tratti pesantissimo e disturbante, a tratti dolcissimo e pieno di umanità. Così denso e spietato, è il ritratto fedele di una vita che ha segnato il Novecento, ed è questo a renderlo un grande romanzo. Fallaci infatti promette al suo compagno Panagulis di scrivere un libro sulla sua vita nell’eventualità in cui lui fosse morto prematuramente.
Per tratteggiare la figura di quest’uomo straordinario che ha fatto la storia potremmo dire che Alekos Panagulis nasce in Grecia, nazione che ama e di cui ama soprattutto la democrazia. Possiamo dire che si arruola nell’esercito, ma che a soli 26 anni è già un disertore, perché quando, dopo il golpe, la Giunta dei Colonnelli prende il potere instaurando una dittatura lui si rifiuta di servire un totalitarismo e diserta. Oppure ricordiamo che dopo un attentato mal riuscito alla vita di Papadopoulos, reggente della dittatura, viene arrestato e portato in carcere dove spenderà gli anni della sua vita dal 1968 al 1973. E cosa ancora più importante dovremmo riportare che quando viene rilasciato per amnistia lui non vuole lasciare la prigione, non vuole la grazia di un dittatore. Infine forse sarebbe il caso di ricordare che la sua lotta personale a tu per tu con la dittatura dei Colonnelli che aveva ridotto la sua democrazia in ginocchio non cessa mai, neanche quando la dittatura cade, neanche quando è costretto a fuggire in Italia, neanche quando sa di star per essere assassinato. Oriana Fallaci di questo Uomo coraggioso si innamora e dal giorno in cui lo incontra ad Atene per intervistarlo non lo lascia più con la mente fino alla morte della giornalista nel 2006. Si conoscono il giorno dopo la scarcerazione di Alekos a casa di sua madre. È estate, l’aria è afosa e il sole impietoso, lui la aspetta con un mazzo di fiori. Vuole ringraziarla della compagnia che gli ha tenuto in prigione con i suoi libri e con i suoi articoli. L’intervista dura tutto il giorno e alla sera il lavoro non è ancora concluso. Oriana si è scordata di cercare un hotel per la notte e ha dimenticato di dover prendere un aereo per Bonn il giorno seguente: è quindi costretta a spendere la notte nello studio dell’eroe. È in questo momento che tra i due avviene uno scambio densissimo che poi darà il titolo a questo libro e che sarà simbolico per conoscere la persona di Alekos. Alla fine della sua intervista per Intervista con la Storia, Oriana chiede:
«Alekos, cosa vuol dire essere un uomo?»
«Significa avere coraggio, avere dignità. Significa credere nell’umanità. Significa amare senza permettere a un amore di diventare un’àncora. Significa lottare. E vincere. Guarda, più o meno quel che dice Kipling in quella poesia intitolata Se. E per te cos’è un uomo?»
«Direi che un uomo è ciò che sei tu, Alekos».
Dopo quel 22 agosto Alekos e Oriana diventano compagni di vita. Lei lo spinge a intraprendere un breve periodo di esilio in Italia e lui, dopo numerose proteste, soccombe consapevole di rischiare la vita ogni giorno in Grecia e di necessitare di un appoggio politico maggiore, senza però riuscire a trovarlo. I due girano l’Europa partecipando a comizi e assemblee nel tentativo di racimolare fondi e conquistare compagni e sostenitori. Oriana tenta di tenere Alekos lontano dalla Grecia dove, prima o poi, già lo sa, lo avrebbero ucciso. E lui, che era un poeta e un democratico ma non un politico, si incarta davanti alle folle, biascica durante i discorsi, discute furiosamente con chi gli pone domande o dubbi. Aveva idee chiare ideologicamente, ma politicamente incompatibili con i maggiori partiti. Veniva spesso frainteso o per nulla compreso.
In questo periodo si manifesta tutto il disagio di un uomo che ha vissuto la violenza e la reclusione. È intrattabile e aggressivo a tratti, spesso ingestibile; talvolta finge di disprezzarla per litigare e partire per la Grecia di nascosto senza rimorsi. E lei tormentata gli corre dietro, ora accontentando i suoi capricci e ora discutendo furiosamente. Poi finalmente nel 1974 cade la Giunta dei Colonnelli e Alekos torna in Grecia. Comprende presto che per continuare la sua lotta deve entrare nel parlamento e si unisce a l’Unione del Centro per candidarsi. Dopo una campagna elettorale a dir poco disastrosa viene inaspettatamente eletto e inizia la sua carriera da deputato del collegio di Atene. Lo scopo di Panagulis è trovare i documenti che attestino la collaborazione tra gli uomini ancora al governo e gli ex rappresentanti della Giunta ma il percorso è lungo e tortuoso e la sua personalità gli è d’ostacolo. Le sue critiche al sistema politico e le sue posizioni radicali non sono scomode solo per lui, ma soprattutto per i suoi colleghi. Nello stesso periodo viene chiamato a processo per testimoniare contro gli stessi uomini che qualche anno prima lo avevano torturato giorno e notte. In tribunale Alekos si mostra ancora una volta sprezzante nei confronti dei magistrati. Ingaggia una discussione con uno di questi e ribadisce di non aver mai avuto bisogno che cambiasse il regime per accusare gli uomini che ora erano lì imputati e che in passato erano stati i suoi aguzzini. Ma al momento di testimoniare non indugia in racconti delle violenze subite, non riporta i dettagli delle torture, degli abusi, delle minacce, il terrore vissuto nell’attesa di essere giustiziato all’alba di ogni giorno per tre anni. Liquida tutto in trenta minuti e dice di aver perdonato i suoi torturatori perché schiavi del regime. E anche contro Zakarakis, direttore del carcere di massima sicurezza di Boiati durante il periodo della sua detenzione, ha poco da dire. Dopo il processo riprende la ricerca dei documenti, li consegna ad Oriana per farli portare al sicuro in Italia e contemporaneamente continua a lanciare accuse ai politici che avevano collaborato col regime. Poco tempo dopo la sua elezione si allontana dal leader del suo partito dopo la richiesta respinta di epurazione di un collega ex sostenitore della Giunta. Nella sua ricerca era infatti riuscito a scovare dei documenti dell'ESA (i servizi segreti ellenici) che testimoniavano i rapporti tra alcuni politici e il regime greco. Tra tutti era spiccato Evangelos Averoff che ora Ministro della Difesa deteneva un potere maggiore di quello di un Presidente della Repubblica e aveva al suo servizio un esercito che per metà era ancora costituito dagli stessi uomini che avevano servito la dittatura. Le sue accuse lo portano quindi in aperto scontro con il Ministro della Difesa. Decide infine di dare le dimissioni dal partito ma rimane indipendentemente nel parlamento Ellenico.
Tutto d’un tratto però le indagini vengono zittite dalla morte di Panagulis.
«L’ultimo giorno della tua vita si levò dentro un cielo grigio, di piombo… Stranamente avevi fatto un buon sonno e, quando tua madre ti portò il caffè, eri già in piedi…»
È la notte tra il 30 Aprile e il 1 Maggio. La notte precedente c’è stata una tempesta, il clima è stato impietoso. Le piante e i fiori distrutti dalla pioggia marciscono a terra, calpestati. Poco dopo l’una Alekos insiste per accompagnare a casa i suoi ospiti, nonostante il loro quartiere fosse lontano e fosse ormai tarda notte. In tasca porta gli oggetti di tutti i giorni: pipa, sigarini, tabacco, penne, block-notes. Nel taschino interno della giacca un documento importante che aveva paura persino a fotocopiare. Le dinamiche dell’incidente non sono ancora chiare: non solo c’è un vuoto di venti minuti nella ricostruzione temporale degli eventi, ma è anche improbabile che si sia trattato di Panagulis, come invece sostengono gli inquirenti. A debilitare ulteriormente la teoria dell’errore umano interviene la presenza di Michele Steffas sulla scena, militante di destra e pilota professionista, che fa deliberatamente omissione di soccorso.
Secondo la polizia greca la situazione è inequivocabile: ci sono i testimoni, tra cui Steffas, e la morte è stata causata da una vista dell’autista. Ma agli occhi delle periti italiani che intervengono è chiaro che sia avvenuto uno speronamento da due automobili studiato ad arte. È quindi più probabile che Alekos si sia trovato tra le braccia della morte e che sia corso incontro alla sfida invece di fuggire via.
Il cinque maggio attorno alla Cattedrale di Atene un milione e mezzo di persone gridano «Zei, zei, zei!» (Vive, vive, vive!). La folla lo acclama, piange, strepita, impossibilitando lo svolgimento delle esequie. La Grecia si riversa tra le strade; come un ambiguo corpo sussulta, si allunga e si ritrae, impazzisce davanti alla salma inerte dell’eroe che giace dietro la teca di cristallo sottile. Vive, vive, vive!
Per un istante la democrazia pare morta. Poi trova un nuovo corpo e scivola via.