Il cinema ha avuto molti registi bravi, ma solo pochi possono essere considerati veri Maestri: Welles, Fellini, Hitchcock, Bergman. E poi c'è Akira Kurosawa, colui che ha portato l'Asia sul grande schermo.
Dopo la Seconda Guerra Mondiale, Germania e Giappone erano stati quasi del tutto tagliati fuori dal mercato cinematografico internazionale, vittime dell'odio e della rabbia accumulati negli anni del conflitto. Fu proprio in questo contesto che Akira Kurosawa fece risorgere il cinema giapponese. Nel 1950 presentò al Festival di Venezia il film Rashomon, che vinse il Leone d'Oro e, successivamente, l'Oscar per il miglior film straniero. Questo successo internazionale spalancò le porte a Kurosawa, un regista inizialmente poco apprezzato in patria.
Negli anni successivi, Kurosawa continuò a realizzare capolavori, guadagnandosi il titolo di "Maestro del movimento" grazie a diverse caratteristiche distintive del suo stile:
1. L’uso della natura Nei film di Kurosawa, gli elementi naturali giocano un ruolo fondamentale in ogni scena, sia in esterni sia attraverso l’uso di finestre negli interni. Ad esempio, in Yojimbo il vento aumenta la tensione prima dello scontro finale, mentre in Ran (probabilmente la miglior rappresentazione cinematografica di un’opera shakespeariana) le frecce infuocate simboleggiano la rabbia repressa di un uomo. Ne I sette samurai, il regista fa piovere a dirotto durante la scena finale, trasformando il combattimento tra samurai e contadini nel fango in un evento epico, drammatizzato all’ennesima potenza.
2. Il movimento di gruppo Kurosawa fu uno dei primi a comprendere quanto una reazione collettiva potesse amplificare l'impatto emotivo di un evento. In Sanjuro, durante lo scontro finale tra due samurai, la telecamera si concentra sulle reazioni di un gruppo di giovani spettatori: sono le loro emozioni a rendere lo scontro memorabile. Allo stesso modo, in Anatomia di un rapimento, riesce a tenere incollato allo schermo lo spettatore durante una riunione di polizia solo attraverso le dinamiche di gruppo.
3. Il blocking Derivata dal teatro, questa tecnica coordina i movimenti degli attori con quelli della macchina da presa, ottimizzando tempo e risorse sul set. Kurosawa padroneggiava il blocking per guidare lo sguardo dello spettatore nei punti chiave della scena. Nella sequenza iniziale di Rashomon, ad esempio, un uomo cammina attraverso un bosco per circa cinque minuti, ma ogni inquadratura è unica: a volte la macchina da presa segue l’attore, altre lo incrocia in direzione opposta. Questa dinamicità narrativa consente allo spettatore di comprendere la personalità del protagonista e la geografia della storia in pochi minuti.
4. L'editing Kurosawa faceva parte di quella ristretta cerchia di registi capaci di montare le proprie opere. Era in grado di accelerare o rallentare il ritmo di una scena e sperimentava con la struttura narrativa, seguendo l'esempio di Citizen Kane. In Rashomon la stessa vicenda viene raccontata da prospettive diverse, una tecnica che ha ispirato molti film gialli successivi, fino a opere recenti come Knives Out. Anche in Ikiru, Kurosawa adotta una struttura inusuale, spostando il punto di vista della storia a metà film (come Hitchcock in Psycho).
Akira Kurosawa è un punto di riferimento per ogni regista, specialmente per quanto riguarda la composizione dell’immagine. In Anatomia di un rapimento, lo staging raggiunge il massimo livello: ogni frame è costruito in modo tale da comunicare ruoli e dinamiche tra i personaggi, anche senza dialoghi. Ad esempio, il protagonista, il capo della polizia e il padre del bambino rapito sono sempre posizionati in modo da indicare le loro relazioni e conflitti. Kurosawa sapeva cosa posizionare al centro dell’inquadratura per enfatizzarne l'importanza o ai lati per suggerire un piano d'ascolto.
Oggi, i registi moderni studiano la composizione di Kubrick, il blocking di Spielberg e i movimenti di macchina di Paul Thomas Anderson. Ma è fondamentale ricordare che questi, a loro volta, hanno imparato da Kurosawa. Grazie a lui, il cinema asiatico è diventato una delle migliori industrie al mondo, dando vita a talenti come Park Chan-wook, Bong Joon-ho e Wong Kar-wai.
La settima arte, quindi, è nata con Georges Méliès e cresciuta con Orson Welles; ma ha trovato la sua forza e la sua voce grazie al samurai Akira Kurosawa.