Una storia su Instagram dura quindici secondi, un video su TikTok qualche minuto, e un episodio di una serie TV al massimo un’ora. Eppure, nel cinema, esistono ancora autori che scelgono consapevolmente uno stile lento e meditativo. Potremmo definirli pazzi o addirittura ingenui, ma spesso sono proprio loro ad aggiudicarsi i premi più prestigiosi nei festival cinematografici di tutto il mondo.
Due sono i principali pregiudizi che il grande pubblico ha nei confronti di questi film. Da un lato, si pensa che siano apprezzati solo dai critici e dai cinefili più colti, relegati alla nicchia dei cosiddetti “film da cineforum”. Dall’altro, si crede che siano una forma di critica sociale nei confronti di un mondo sempre più dominato dalla velocità e dal consumo immediato di contenuti.
Come spesso accade, la verità sta nel mezzo. Ma pensare che un artista investa anni di lavoro, energia e risorse per realizzare un film destinato a una ristretta élite di spettatori significa fermarsi alla superficie e non cogliere il vero valore di questa scelta stilistica.
1)Il cinema lento come scelta artistica
Lo “slow cinema” non nasce come una provocazione intellettuale, bensì come un’esigenza espressiva. Maestri come Andrei Tarkovsky, Chantal Akerman, Béla Tarr e Abbas Kiarostami hanno rivoluzionato il linguaggio cinematografico, utilizzando la lentezza come strumento narrativo.
Questo stile nasce dal desiderio di esplorare la realtà in modo più profondo. Scene dilatate e movimenti lenti permettono una rappresentazione più autentica dell’esistenza, creando un senso di immersione che avvicina lo spettatore ai personaggi e ai loro stati d’animo. Più tempo si trascorre con un protagonista, più diventa naturale entrare in empatia con lui.
Ma il cinema lento non è solo introspezione: è anche estetica. Nei festival cinematografici, la bellezza visiva è un elemento imprescindibile. In questi film, spesso caratterizzati da inquadrature fisse e lunghi piani sequenza, il regista ha il tempo di “dipingere la sua tela”, costruendo con precisione ogni immagine. Due elementi fondamentali in questo processo sono il staging (la disposizione degli attori nello spazio) e il blocking (i loro movimenti all'interno della scena). L’assenza di un montaggio frenetico consente di anare questi aspetti, trasformando ogni inquadratura in un’opera d’arte.
2)La pazienza dello spettatore
Guardare un film lento è un’esperienza che richiede un coinvolgimento diverso rispetto al cinema mainstream. Non è un semplice intrattenimento da consumare distrattamente, ma un’immersione totale che esige pazienza e attenzione. In un’epoca in cui il ritmo della vita è accelerato e tutto è pensato per catturare l’attenzione nel minor tempo possibile, questi film vanno nella direzione opposta: invitano lo spettatore a rallentare, ad abituarsi al silenzio, a osservare i dettagli che normalmente sfuggirebbero.
Eppure, quando ci si lascia trasportare, l’esperienza diventa straordinaria. Come quando si osserva la pioggia cadere fuori dalla finestra o si attende l’alba in silenzio: nella quiete si nasconde una bellezza profonda.
3)Il Cinema Lento Oggi
Lo slow cinema non è un fenomeno del passato: continua a regalare capolavori anche oggi. Un esempio recente è Perfect Days (2023) di Wim Wenders, che ha conquistato pubblico e critica raccontando la routine di un addetto alle pulizie dei bagni pubblici di Tokyo. Un soggetto apparentemente ordinario che, grazie a uno sguardo contemplativo e poetico, riesce a commuovere e coinvolgere.
Anche l’Italia ha abbracciato questa estetica con Vermiglio di Maura Delpero, vincitore del Leone d’Argento a Venezia, capace di immergere lo spettatore nella vita di un piccolo villaggio del Nord Italia con un realismo poetico e ipnotico.
Ma esistono anche film “lenti” che, pur mantenendo questo approccio contemplativo, hanno trovato un ampio pubblico. Pensiamo a Roma (2018) di Alfonso Cuarón, con i suoi lunghi piani sequenza che raccontano un dramma familiare con straordinaria eleganza visiva. Oppure Drive My Car (2021) di Ryūsuke Hamaguchi, che con le sue quasi tre ore di durata e il suo ritmo meditativo ha saputo emozionare e conquistare anche chi non è abituato a questo tipo di cinema.
4)Un’alternativa al cinema mainstream
Il cinema lento non è un rifiuto del cinema commerciale, ma un’alternativa necessaria. Se i blockbuster giocano su velocità, tensione e montaggio frenetico, questi film lavorano invece sulla sospensione e sull’osservazione. Non si tratta di stabilire quale approccio sia migliore, ma di riconoscere il valore di entrambi. Un buon spettatore, infatti, non si nutre solo di azione e adrenalina, ma trova anche nella lentezza una forma di racconto altrettanto potente.
5)Un’esperienza unica
Il cinema lento non è per tutti, ed è giusto così. Ma per chi riesce ad entrarvi in sintonia, ore un’esperienza intensa e profondamente significativa. In un’epoca dominata dal consumo rapido, questi film ci ricordano l’importanza
della pazienza, della contemplazione e della bellezza nascosta nei dettagli del tempo.
Forse, dopo aver guardato uno di questi film, anche noi potremmo accorgerci di quanto sia bello stare fermi ad ascoltare il suono del vento o il rumore delle onde. Perché la lentezza, quando accolta con la giusta sensibilità, può rivelare emozioni che la velocità ci nega.