Negli ultimi anni, nella cinematografia e nella serialità più recente, la figura di Lady Diana Spencer ha assunto un ruolo preponderante. La sua tragica scomparsa e il forte amore e affetto che il pubblico prova ancora nei suoi confronti, ha portato nell’arte la necessità di indagare nel profondo una figura chiave per la storia della monarchia britannica. Un’analisi svolta sotto diversi aspetti, da diversi registi, al fine di rappresentare al meglio la vera anima della cosiddetta “Principessa del popolo”.
Tra i risultati più brillanti ed apprezzati, da pubblico e critica, si annoverano le performance di Emma Corrin e di Elizabeth Debicki, rispettivamente nella quarta e nelle stagioni cinque e sei della pluripremiata serie Netflix The Crown, di Peter Morgan. Le due attrici riescono sapientemente ad interpretare i panni della Principessa del Galles in diverse fasi della sua breve vita, prima all’inizio del suo burrascoso matrimonio con il principe Carlo e poi, nel corso degli anni Novanta, quando i due decidono di comune accordo di separarsi, affrontando il caos mediatico che ne conseguì, fino ad arrivare al tragico incidente dell’estate 1997 sul Pont de l'Alma a Parigi. Per le loro performance, sia Corrin che Debicki sono state premiate con il Golden Globe alla miglior attrice in una serie tv.
Per quanto riguarda la cinematografia, invece, il film Spencer, del cineasta cileno Pablo Larraín, appare come l’opera che, più recentemente, ha saputo catturare al meglio l’essenza di Lady D, grazie anche al grande apporto fornito alla pellicola dalla sua protagonista, l’attrice Kristen Stewart (nominata agli Oscar 2022).
Il film, scritto da Steven Knight, è ambientato nella tenuta reale di Sandringham durante le vacanze natalizie del 1991. In questo periodo, Lady Diana inizia a prendere pienamente coscienza della sua completa incompatibilità ed estraneità nei confronti della famiglia reale. I dubbi della donna, riguardanti il suo infelice matrimonio con il principe Carlo, si fanno qui sempre più persistenti, acuiti anche dalle difficoltà legate alla bulimia e alla relazione extraconiugale di quest’ultimo con Camilla Parker Bowles.
In questa pellicola, Larraín riprende la strada già tracciata all’uscita del suo acclamatissimo Jackie, nella sua volontà di raccontare le vicende di alcune donne che hanno avuto un ruolo centrale nel costume, nella storia e nella cultura recente. L’idea di Larraín si fonda sull’esigenza di rappresentare il rapporto tra vita pubblica e personale di personaggi cardine del nostro tempo, attuando parallelismi tra la donna privata, rispetto al proprio ruolo istituzionale.
Tutto ciò, in attesa di scoprire come il regista rappresenterà in Maria (il suo prossimo lungometraggio le cui riprese sono iniziate nell’autunno 2023) un altro personaggio iconico del Novecento: la cantante lirica Maria Callas (interpretata da Angelina Jolie), di cui lo scorso dicembre si è celebrato il centenario dalla nascita. Si tratta, infatti, del film che forse andrà a chiudere questa sua ideale trilogia di biopic al femminile, intervallata da altre due pellicole di grande successo Ema (2019) ed El Conde (2023), entrambi accolti con successo alla Mostra del Cinema di Venezia.
Già nel 2016 (anno di uscita di Jackie), il regista cileno era riuscito brillantemente nell’analisi intima ed autentica di una grande figura femminile del XX secolo, Jacqueline Kennedy (interpretata superbamente da Natalie Portman, nominata all’Oscar), all’indomani degli avvenimenti di Dallas del 1963. Anche in Spencer, Larraín realizza un film che si regge pienamente sulla potente interpretazione fornita dall’attrice protagonista.
I punti di contatto tra le due pellicole appaiono notevoli. In primo luogo, sotto un punto di vista formale e stilistico, in quanto la regia e la gamma cromatica appaiono molto simili, quasi come se i due film volessero essere l’uno la continuazione dell’altro. In secondo luogo, le due donne protagoniste risultano più simili di quanto si possa, inizialmente, pensare. Entrambe incastonate in un universo patinato, nelle stanze del potere, Jackie e Diana mantengono il loro status di donna stando dalla parte dei loro uomini, ma, all’occorrenza, non si tirano indietro nel momento in cui sono chiamate, per motivi diversi, all’azione. Nell’ambiente in cui sono immerse, le due donne riescono quindi a mantenere una sorta di indipendenza, prendendo decisioni autonome e consapevoli, nonostante la diffidenza generale.
Nel corso delle vicende, sia Jackie che Diana, perdono i loro uomini secondo modalità differenti. Jackie vive il trauma della morte violenta, improvvisa, del marito Jack nel celebre attentato del 22 novembre 1963. Invece, Diana acquista la consapevolezza che non sarà mai, davvero, la prima donna nel cuore del suo principe. Ogni Fred ha la sua Gladys e lei non lo è. In poche parole, una battaglia persa. (ndr. Fred e Gladys sono i nomi in codice utilizzati da Carlo e Camilla durante il loro periodo di clandestinità).
La perdita di qualcuno che si ama, è dunque un tema centrale delle due opere. Le due donne, tuttavia, non smarriscono mai la loro identità e la loro libertà. Si può presumere, che questo topos verrà ripreso da Larraín anche in Maria, in relazione all’abbandono della donna da parte dell’amatissimo armatore greco Aristotele Onassis, per il quale La Divina ha enormemente sofferto. Buffo pensare che, Onassis convolerà poi a nozze con Jacqueline Bouvier Kennedy, a cui il regista ha già dedicato un lungometraggio, costituendo un vero e proprio fil rouge tra cinema, arte e finzione.
Nei suoi film, dunque, Larraín pone l’accento sulla femminilità della donna e sulla sua enorme diversità rispetto all’universo in cui è rinchiusa, tanto in Jackie quanto in Spencer. In quest’ultima pellicola, in particolare, attraverso una regia fortemente intima che si concentra sul corpo e sull’umanità della protagonista, viene reso sapientemente l’ambiente angosciante e teso nel quale Diana è costretta a vivere. Ciò, attraverso una serie di elementi simbolici quali, ad esempio, una collana di perle, regalo del Principe di Galles alla moglie. La donna, ormai completamente apatica ed alienata dalla sua condizione, ha addirittura delle allucinazioni riguardanti sé stessa, Camilla Parker Bowles e Anna Bolena, “l’altra donna del re”, in una sorta di parallelismo temporale. In uno di questi sogni, Diana immagina di strapparsi di dosso, con forte veemenza, la collana regalo del marito, che durante una cena regale sembra quasi soffocarla. La Principessa arriva addirittura ad inghiottirne le perle, in un gesto fortemente provocatorio che segna l’inizio del suo percorso di riconciliazione con il suo essere interiore. In questo caso, la distruzione della collana assume il significato di estremo rifiuto del suo ruolo e degli obblighi da esso imposti, per poter finalmente vivere in armonia con la propria esistenza.
06/03/2024