“C’è un lago vicino alle mura di Enna, profondo, che si chiama Pergo, e neppure il Caistro ascolta sulle sue onde più canti di cigni. Un grande bosco corona le acque da tutti i lati, e con le sue fronde fa velo al fuoco del sole. I rami danno fresco, la terra umida produce fiori: è un’eterna primavera.” Nel libro quinto delle ‘Metamorfosi’ Ovidio narra la gara canora tra le Muse e le Periedi, figlie del macedone Pierio: dopo il canto blasfemo delle fanciulle mortali, Calliope celebra la grandezza della Natura e della dea Cerere. La Musa apre il racconto con il rapimento di Proserpina ad opera del dio degli inferi. Ovidio però non si sofferma tanto sugli effetti del dardo di Cupido, quanto sul locus amoenus, un’ambientazione idilliaca la cui serenità viene messa a repentaglio dall’arrivo dirompente di Dite. Il lago Pergo, oggi Pergusa, data la rarità di specchi d’acqua in Sicilia, mette ancor più in risalto l’eterno rigoglio primaverile celebrato dal poeta latino: una selva cinge il lago e lo ripara dal sole; Proserpina coglie fiori di campo facendo a gara con le sue amiche, quando l’amore furente di Plutone la proclama infine donna: “In questo bosco Proserpina mentre gioca a raccogliere viole e candidi gigli, e ne riempie con zelo fanciullesco le ceste e il seno, e in ciò cerca di superare le sue compagne, fu subito vista e amata e rapita da Dite, tanto irruppe a precipizio l’amore.” Nel Seicento fu Gian Lorenzo Bernini che tradusse il racconto di Ovidio in un capolavoro marmoreo e quasi carnale. Oggi quel lago, che aveva visto nascere le stagioni e gli dei rincorrere il divenire degli uomini, è per responsabilità di questi ultimi che si sta prosciugando e, ridotto ad una pozza di poche decine di metri, è destinato a scomparire del tutto, con gravi ripercussioni sulla circostante area lacustre. Ovidio, nel ricostruire il Rapimento di Proserpina, avrebbe forse pensato che la vitalità del lago potesse svanire per volontà di un dio: mai, di certo, per colpa della misera mano dell’uomo. La mitica età dell’oro di cui avevano favoleggiato i più grandi autori dell’età classica voleva soltanto giustificare il degrado, la lascivia a cui l’uomo si era lasciato andare. Quando ci siamo arrogati il diritto di poter usare violenza sulla natura, abbiamo dovuto pagare il prezzo della nostra avidità: il primo ad aver detto ‘questo è mio’ ha messo a repentaglio l’esistenza di tutta l’umanità. Per sua natura l’uomo sente di dover acquisire sempre di più, pur non avendone effettivamente bisogno. Siamo abituati ad apprezzare tutto il bene che la vita ci ha dato, solo quando ci viene tolto con forza: è quando non possiamo più porvi rimedio che ci rendiamo conto dei nostri errori. Il Lago di Pergusa, unico bacino endoreico della Sicilia - oltre che un’area di vitale importanza per la corrente migratoria di molte specie e ideale per la nidificazione - ha dovuto fare i conti, suo malgrado, con lo sperpero di questa società del ‘benessere’, in cui ci si accontenta di bisogni passibili e temporanei, e si dà per scontato un’eternità che è solo apparente. Il ver aeternum vantato da Ovidio oggi non esiste più, si perde in chilometri di fango e desolazione. Il ‘lago di sangue’ ha smarrito il suo colore e la vita ha smesso di traboccare dalle sue sponde. A colpire duramente l’ecosistema del bacino è stata soprattutto la costruzione dell’autodromo, che lo cinge e lo isola dalle colline circostanti. Il suo ciclo vitale è determinato dalle piogge e dalla naturale evaporazione estiva. Il lago si è ridotto alle dimensioni attuali a causa della mancanza di manutenzione dei canali di alimentazione, l'immissione di specie aliene e la siccità che, malgrado quel che sostiene il Ministro dell’Agricoltura Lollobrigida, da anni colpisce duramente il Sud. Il mito del ‘Ratto di Proserpina’ rispondeva alla necessità di comprendere la nascita delle stagioni, spiegando come la morte della Natura sia fuggevole e solo temporanea, perché seguita sempre da un’eterna rinascita, in un movimento perpetuo che pare discendere dalla volontà divina. Se Plutone aveva inquietato la serenità del lago di Pergusa, quando il furor amoroso lo aveva spinto a possedere Proserpina, oggi è la forza di una divinità ancor più potente ad imporre il proprio volere sul mondo, ad oscurare quel ver aeternum: l’avidità e l’indifferenza della miseria umana.