Come eravamo? É l’archivio a cura di Gianfilippo De Rossi a raccontarcelo
Martina Maffi
Martina Maffi
Per il fotografo romano Gianfilippo De Rossi tutto ha inizio nel 2014, anno in cui perde il suo prozio: Gianfranco Torossi, classe 1921.
È un racconto che parte da semplici scatoloni, dove Gianfilippo decide di raccogliere tutti i negativi, le stampe, le lastre e gli apparecchi fotografici del prozio, pensando che prima o poi ci avrebbe messo mano, se non altro per vedere di cosa si trattasse.
Aprendo quel materiale è iniziata la scoperta e lo stupore: Gianfilippo non trova solo le classiche foto di famiglia, un po’ quelle che tutti conservano, ma immagini legate alla vita e alle vicende di Gianfranco, come l’adolescenza negli anni ’30, la guerra e gli spostamenti con il suo reggimento di artiglieria durante la II Guerra Mondiale. E poi l’Italia del boom economico, della borghesia e
della Democrazia Cristiana…
L’esperienza pregressa di Gianfilippo e il suo lavoro già avviato come fotografato non potevano che portarlo all’esplorazione delle migliaia di negativi scattati da Gianfranco, partendo dalla scansione dai 35mm in bianco nero più datati, fino ad arrivare al materiale degli anni ’90, ricostruendo un percorso storico e osservando i cambiamenti nelle fotografie nei vari decenni. Un grande rinvenimento famigliare, ma che racconta tanto anche a noi - nel quale grazie a Gianfilippo e al suo lavoro tra camera oscura, scansioni e chimici, possiamo immergerci e assaporare la ormai distante dolce vita borghese italiana.
Gianfilippo mi racconta Gianfranco. Un fotografo amatore, più appassionato del mezzo fotografico che non del linguaggio fotografico, che nella vita ha collezionato, comprato e rivenduto con altri appassionati di fotografia centinaia di apparecchi fotografici dalla fine dell’800 fino a poi agli anni ’50, ’60 e ’70 del ‘900. Il suo amore per la fotografia era evidente, ce lo racconta il suo archivio, ma Gianfilippo sottolinea il suo interesse, sempre rimasto fortemente legato al mezzo e alla meccanica di esso. I suoi luoghi prediletti erano il mercato di Porta Portese - che fino agli anni 2000 era fortemente legato all’antiquariato - e altri mercatini nazionali come il mercato dell’antiquariato di Arezzo.
Gianfilippo, invece, si è slegato dalla meccanicità del mezzo fotografico. Mi racconta che della fotografia ne ha fatto la sua professione, lavorando con varie riviste e testate giornalistiche, moltissimo nel cinema e nella televisione, sia come fotografo che come operatore di macchina, dopo relativi studi sulla fotografia, sul linguaggio fotografico e sul reportage.
Nel curare un archivio come questo, un archivio intimo, famigliare, Gianfilippo ha indossato un po’ i panni di un investigatore - spiando nella vita di suo zio con divertimento, curiosità - e (immagino) l’emozione di scoprire vite sbiadite catturate proprio dai rullini di Gianfranco. Tuttavia, c’è anche la responsabilità storica nel cercare le fonti di informazioni, nel localizzare luoghi e ove possibile,
dare una datazione.
Gianfilippo continua a scansionare e pulire i negativi dello zio per pubblicare le foto nella pagina Instagram @archivio_come_eravamo. Mi racconta che sta anche iniziando stampare in camera oscura alcune delle immagini che più lo hanno colpito per poter lavorare ad una mostra e perché no? - mi dice - forse in futuro ad un libro.
La cura dell’archivio - mi spiega Gianfilippo - non ha un obiettivo preciso da portare al pubblico, ma è più la volontà di creare un linguaggio fotografico attraverso tutte le immagini di Gianfranco, selezionando e dividendo il materiale per creare una storia visiva, che non sia solo un lavoro personale, famigliare, ma che racconti come eravamo noi Italiani repubblicani del secondo novecento.
A questo punto, mi viene spontaneo domandargli come seleziona i numerosi negativi dello zio e cosa lo porta scegliere una foto piuttosto che un’altra. Gianfilippo mi spiega che esclude tutto ciò che possa essere troppo personale, compleanni, matrimoni… Cerca nelle immagini di ritrovare qualcosa di quell’Italia borghese di cui Gianfranco faceva parte e che scattava inconsapevolmente e che noi ora, a distanza di anni, riguardiamo con nostalgia per qualcosa che inevitabilmente è perso. Seguendo questa idea - continua Gianfilippo - sceglie magari una foto dei colleghi al lavoro, scene di vita quotidiana, di shopping o di persone alle fermate degli autobus; scene delle passeggiate domenicali per il centro di Roma o per i luoghi turistici della penisola, come una vacanza a Venezia o una settimana bianca in Trentino, o ancora le domeniche a Piazza San Pietro tra fedeli e cardinali e i mercatini dell’usato della domenica. Gianfilippo mi rivela che ha anche una selezione di fotografie di nudo ed erotiche che non ha ancora pubblicato e che raccontano il modo di vivere la sessualità e pudicizia. Noi le attendiamo.
Come eravamo ce lo raccontano chiaramente le immagini di Gianfranco Torossi e Gianfilippo lo sottolinea - qualcosa di diverso da ciò che siamo nella nostra contemporaneità. “I luoghi più familiari rimangono gli stessi da secoli, come i centri delle nostre città, ma è il popolo che vive in questi spazi che è cambiato e che mi interessa raccontare e spero che questo susciti riflessioni in chi guarda queste fotografie.” Cosa possiamo imparare dalle vite del passato che ci parlano ancora, incastrate dentro agli istanti che Gianfranco ha voluto catturare lo decidiamo noi, la fotografia è il mezzo, che ci riporta ad una storia, quasi cinematografica scandita dal ritmo e dallo sguardo di Gianfranco.
Chiedo a Gianfilippo di lasciarci con un’immagine alla quale è particolarmente affezionato, forse un’impresa ardua tra le tante di cui si è innamorato, alcune di queste sono errori fotografici, o fotografie che sono state scattate per caso. Tra tutte sceglie un ritratto degli anni ’30 venuto mosso. Un ritratto di una persona che appare sbiadita e di cui non percepiamo i tratti del viso. Mi dice che l’ha scelta perché non è un ritratto specifico, ma un ritratto che ci può far immaginare chi vogliamo, un ritratto che in qualche modo nasconde e rivela Come Eravamo.