Dai baby boomer alla gen z: la fine del mondo non passa mai di moda
Chiara Varricchio
Chiara Varricchio
89 secondi alla mezzanotte. È il tempo che segna oggi il Doomsday Clock, l’orologio simbolico che misura la distanza dell’umanità dalla catastrofe. Mai così vicino alla fine del mondo. La sensazione di essere vicini all’apocalisse non è una novità: per i baby boomer aveva il volto del fungo atomico; nel 2000 l’incubo era il Millennium Bug, il presunto collasso dei sistemi informatici allo scoccare del nuovo millennio; nel 2012 milioni di persone hanno atteso la “fine dei tempi” profetizzata dal calendario Maya. Oggi, per la Gen Z, l’apocalisse ha una forma diversa e più complessa: clima, pandemia, crisi economica, guerra.
Ogni generazione cresce con un orizzonte di catastrofe che la segna in profondità. Perché ci sembra così diversa questa volta?
La paura disciplinata dei boomer
Negli anni della Guerra fredda la paura aveva un volto preciso: l’arma nucleare. Tutte le ansie collettive venivano concentrate lì, in quell’immagine di fungo atomico che poteva cancellare il mondo in pochi minuti. Negli Stati Uniti questa catalizzazione prendeva forma in rituali scolastici come il celebre Duck and Cover: milioni di bambini si accucciavano sotto i banchi, esercitando un gesto che sapevano inutile ma che trasformava l’angoscia in disciplina. La minaccia, anziché restare informe, veniva resa addomesticabile dallo Stato, inscritta nei corpi e nelle abitudini quotidiane. In Italia, lo stesso meccanismo trovò il suo punto di coagulo in Chernobyl e nel referendum del 1987: un’intera nazione proiettò la propria paura atomica dentro una scelta politica netta, con quasi l’80% degli elettori a votare contro il nucleare.
Gen Z: ansie multiple e sovrapposte
Per chi è nato dopo il 2000, la fine del mondo non ha un solo volto, ma un’intera galleria di immagini in competizione tra loro. L’apocalisse climatica domina i pensieri: secondo una ricerca pubblicata su The Lancet, il 59% dei giovani tra i 16 e i 25 anni si dice “molto o estremamente preoccupato” per il riscaldamento globale, e quasi la metà afferma che questa paura condiziona la propria vita quotidiana. Ma non è l’unica ombra. La pandemia ha inciso come uno shock collettivo: l’OMS ha registrato un aumento del 25% dei disturbi d’ansia e depressione nel 2020, con i giovani come categoria più vulnerabile. A questo si sommano le preoccupazioni più materiali: l’indagine Ipsos What Worries the World colloca inflazione e costo della vita al primo posto delle ansie globali, mentre i report Deloitte descrivono una generazione che fatica a trovare stabilità lavorativa e sicurezza economica.
Il risultato è un paesaggio interiore frammentato: non una minaccia centrale attorno a cui organizzare paure e risposte, ma una molteplicità di crisi che si accavallano, si sovrappongono e rendono difficile immaginare un futuro lineare.
L’Italia dei giovani tra consapevolezza e precarietà
I dati europei mostrano che i giovani italiani sanno più degli adulti sul cambiamento climatico: il loro punteggio medio di conoscenza è 6,88 su 10, contro il 6,33 degli over 30. Una consapevolezza alta, che però non si traduce automaticamente in serenità. Nei sondaggi Eurobarometro, gli under 30 collocano l’ambiente e il clima tra le priorità assolute dell’Unione, ma accanto compaiono richieste concrete di lavoro stabile, sicurezza economica, protezione sociale. È il paradosso dei giovani di oggi: sanno tanto, ma possono incidere poco; proprio da questa sproporzione nasce un’ansia persistente.
La differenza con i le generazioni precedenti è radicale. Negli anni Cinquanta e Sessanta i segnali di allarme erano pochi e centralizzati: la sirena che suonava, la TV che interrompeva i programmi, l’insegnante che ordinava di mettersi al riparo. Oggi, invece, l’allarme è diffuso e costante: scorre sui social, si infiltra in ogni notifica, si materializza in video di alluvioni, breaking news sui conflitti, grafici che mostrano l’aumento delle temperature globali. Non ci sono più filtri né pause: l’angoscia è continua, alimentata da una retorica che parla di “terza guerra mondiale” come di un orizzonte imminente.
Dall’ansia all’azione
Il primo passo è accorgersi di questa condizione senza liquidarla con lo stereotipo dei “giovani fragili” o “poco impegnati”. Non si tratta di debolezza caratteriale, ma della consapevolezza di vivere una situazione inedita: un sovraccarico di crisi simultanee che nessuna generazione aveva mai dovuto affrontare prima con questa intensità. Riconoscerlo significa prendere sul serio il loro disagio e trattarlo come un fatto politico e sociale.
Il passo successivo è muoversi verso una dimensione collettiva. L’eco-ansia, come osserva l’American Psychological Association, se trova spazi condivisi, può trasformarsi in energia costruttiva. La vita digitale ci tiene connessi ma spesso separati: servono spazi concreti, fisici e collettivi in cui i giovani possano incontrarsi, condividere le proprie preoccupazioni e sperimentare forme di comunità reali.
Il terzo passo, il più urgente, riguarda la politica. È evidente che servono politiche pubbliche capaci di affrontare questi nodi (dalla salute mentale alla crisi climatica) ma non possiamo limitarci a delegare a una classe dirigente che troppo spesso fatica a comprendere fino in fondo l’esperienza dei più giovani. C’è bisogno di un passo ulteriore: entrarci in politica, diventare agenti di cambiamento in prima persona, trovare spazi e modalità nuove per farlo, anche attraverso forme creative e non convenzionali di partecipazione.
Fonti:
https://www.thelancet.com/journals/lanplh/article/PIIS2542-5196(21)00278-3/fulltext https://thebulletin.org/doomsday-clock/2025-statement/ https://www.who.int/news/item/02-03-2022-covid-19-pandemic-triggers-25-increase-in-prevalence-of-anxiety-and-depression-worldwide https://www.ipsos.com/en/what-worries-world https://www.deloitte.com/us/en/insights/topics/talent/2025-gen-z-millennial-survey.html https://www.environmentandsociety.org/arcadia/nuclear-power-no-thanks-aftermath-chernobyl-italy-and-nuclear-power-referendum-1987 https://www.eib.org/en/press/all/2024-256-young-italians-among-best-informed-about-climate-change-in-european-union-according-to-eib-survey https://europa.eu/eurobarometer/surveys/detail/3392 https://www.oregonhistoryproject.org/articles/historical-records/duck-and-cover-civil-defense-pamphlet/ https://www.pewresearch.org/politics/2003/09/04/two-years-later-the-fear-lingers/